Irene in Italia – Italian certified Neuro Language Coach® and Wine tour guide

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Come impara il cervello adulto

Secondo la scienza il cervello adulto accede alla plasticità solo se si verificano alcune specifiche condizioni.

Nel precedente articolo sulla neuroplasticità ho provato a rispondere, citando ciò che riportano studi scientifici, alla domanda che mi fanno in molti sull’effettiva capacità di un cervello adulto di imparare una nuova lingua (o in generale, di integrare nuove abilità e conoscenze). Ho riportato che se vogliamo trasformare le nostre connessioni neurali, che si stabilizzano attorno ai 25 anni, è necessario e dunque possibile attivare un preciso processo che ci permette di plasmare il nostro cervello (dotato, fortunatamente, di neuroplasticità ad ogni età).

Il primo passo per produrre un cambiamento neurale è l’intenzione.

Uno psicologo ungherese dal nome impronunciabile1 ha definito negli anni novanta le intenzioni come la forza che mantiene in ordine le informazioni nella coscienza”. Ha spiegato che queste nascono ogni volta che una persona si accorge di desiderare o di volere fare qualcosa e che funzionano come campi magnetici che spostano l’attenzione su certi oggetti invece di altri. Ma mette in guardia: l’intenzione non ci dice perché una persona vuole fare quella cosa, solo che la vuole fare.

L’intenzione di cambiare qualcosa, per esempio di imparare una lingua, è il primo passo per la plasticità. Imprime una direzione a tutto il sistema nervoso e al nostro cervello, che immediatamente crea un cono verso il centro del nostro interesse. 

Nell’episodio sulla neuroplasticità, il Prof. della Standford University Andrew Huberman2 racconta che un giorno, durante un corso a cui stava partecipando, una donna gli si è avvicinata e gli ha detto che sì lo apprezzava ma che la sua voce la infastidiva. In passato aveva vissuto una brutta esperienza collegata a qualcuno che aveva una voce molto simile a quella di Huberman. Qualche giorno dopo la stessa donna gli ha rivelato che solo per il fatto di aver avuto l’intenzione di confessare che la sua voce le provocava fastidio, questo non si è più verificato. In sostanza quella donna non voleva attribuire quel fastidio a Huberman, così ha scelto intenzionalmente di portare alla sua coscienza questo fatto e comunicarglielo. Così facendo ha permesso al suo cervello di codificare diversamente l’informazione e indirizzarla nella giusta direzione: la voce di Huberman non era più fastidiosa per lei. Insomma, se vogliamo cambiare qualcosa, se vogliamo acquisire una nuova informazione o una nuova abilità dobbiamo prima di tutto riconoscere di cosa si tratta

Posso riportare un esempio simile accaduto con una mia cliente (la chiamerò Sara) che sta studiando per migliorare il suo italiano. Sara un giorno mi ha confessato di essere estenuata dal non riuscire a parlare correttamente in italiano sebbene la sua conoscenza strutturale della lingua fosse obiettivamente discretamente buona. La cosa in effetti mi meravigliava. Con una conversazione di coaching abbiamo individuato il blocco che le causava difficoltà ad esprimersi usando le forme grammaticali corrette che conosceva benissimo. Ad un certo punto Sara ha realizzato che quello che il suo cervello faceva quando lei decideva di parlare italiano rispecchiava il suo carattere iperattivo e irrequieto. Nel parlare aveva fretta di concludere le frasi, così come lo era nello svolgimento delle faccende quotidiane, cosa che nell’atto, invece, di scrivere o completare esercizi nella stessa lingua, non succedeva. Ebbene, il solo fatto di aver portato alla superficie della sua coscienza questa consapevolezza ha fatto in modo che il suo italiano fluisse molto più liberamente.

La spiegazione, come chiarisce il Prof. Huberman, riportando numerosi studi, tra i quali quello di Norman Weinberger3, ricercatore nel Dipartimento di Neurobiologia e Comportamento dell’Università di Irvine in California, è, anche in questo caso, neurochimica. Ci sono sostanze chimiche specifiche che il cervello rilascia quando decidiamo di cambiare qualcosa. La corteccia prefrontale segnala al nostro sistema nervoso che quello che stiamo per fare, ascoltare, sentire o sperimentare, vale assolutamente la pena.

Ora, se vogliamo riportare il tutto all’apprendimento di una lingua, potremmo dire che il primo imprenscindibile passo da considerare è: riconoscere che abbiamo intenzione di produrre un cambiamento nel nostro cervello e portare questa intenzione in superficie, all’attenzione della coscienza. Può sembrare banale, ma non lo è se pensiamo che Sara non aveva idea di quale fosse la causa del suo problema. E d’altronde senza questa condizione, nessuna plasticità è possibile.

Il secondo passo è l’attenzione4.

L’attenzione è indispensabile al cambiamento. Quando prestiamo attenzione a qualcosa entrano in azione due neuromodulatori che vengono rilasciati da diverse parti del nostro cervello e mettono in evidenza i circuiti neurali che hanno la possibilità di cambiare. Ma di questo è necessario parlare più ampiamente.

Nel prossimo articolo riporterò quali sono le condizioni cerebrali indispensabili affinché il nostro cervello, anche in età adulta, impari nuove abilità. E attenzione, non si tratta di una possibilità. Ma di certe condizioni chimiche che impongono definitivamente un cambiamento necessario, per di più impossibile da evitare.

  1. Mihály Csíksentmihály , in “Flow, psicologia dell’esperienza ottimale” ↩︎
  2. In “How to Focus to change your brain”: https://www.youtube.com/watch?v=LG53Vxum0as ↩︎
  3. https://www.americanscientist.org/author/norman_m._weinberger ↩︎
  4. È importante tenere presente che in questa spiegazione Huberman usa spesso la parola “alertness” che possiamo tradurre con “attenzione” ma che in realtà reca un significato di “stato di allerta” il che implica una certa lucidità e “prontezza” mentale. ↩︎

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